L’Orto Botanico dell’Università di Napoli Cenni storici
L’Orto Botanico di Napoli fu fondato agli inizi del XIX secolo, nel periodo in cui la città partenopea era dominata dai Francesi; questi ultimi realizzarono un’idea concepita in precedenza da Ferdinando IV di Borbone e la cui attuazione era stata impedita dai moti rivoluzionari del 1799. Il decreto di fondazione di questa struttura reca la data del 28 dicembre 1807 e la firma di Re Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone. Con l’articolo 1 di tale decreto venivano espropriati quei terreni, di proprietà in parte dei Religiosi di S. Maria della Pace e in parte dell’Ospedale della Cava, adiacenti all’Albergo dei Poveri e già individuati nel periodo borbonico per la realizzazione del Real Orto Botanico.
Nello stesso articolo, venivano individuati gli scopi posti alla base della realizzazione della nuova struttura, destinata alla …istruzione del pubblico… e alla …moltiplicazione delle spezie utili alla salute, all’agricoltura e all’industria. Già da queste citazioni è possibile desumere gli elementi di modernità posti alla base della fondazione dell’Orto partenopeo, che sin dalle origini si sarebbe distinto per la molteplicità delle funzioni svolte e per il patrimonio vegetale diversificato. La realizzazione del progetto fu affidata agli architetti de Fazio e Paoletti. Il primo realizzò la facciata monumentale, il cui stile fu uniformato a quello dell'adiacente Albergo dei Poveri, il viale principale perpendicolare alla facciata, il viale ortogonale a quest'ultimo che conduce all’edificio Castello, sede dell'Istituto, e la "Stufa temperata", caratterizzata da un colonnato dorico e da portelloni di apertura ruotanti attorno a dei perni centrali. Il secondo si occupò della progettazione e della realizzazione della parte inferiore dell'Orto.
Con un decreto del 25
marzo 1810 veniva nominato direttore dell'Orto Botanico Michele
Tenore. Questi aveva compiuto gli studi medici sotto Vincenzo
Petagna, ereditando dal suo maestro la passione per
la Botanica, che considerava non una branca della medicina, ma una
scienza autonoma. Fu proprio tale concezione della Botanica che
portò il Tenore ad organizzare scientificamente l'Orto in modo del
tutto nuovo rispetto ai precedenti Giardini dei semplici.
Michele Tenore rimase direttore fino al 1860 e durante i 50 anni di direzione arricchì le collezioni dell'Orto, portando il numero delle specie vegetali coltivate a circa 9.000. Egli si preoccupò anche di allacciare rapporti con le principali istituzioni botaniche europee, facendo così conoscere ed apprezzare la struttura da lui diretta anche in altri paesi. Tra le numerose attività svolte nel Giardino partenopeo nel periodo tenoreano si possono ricordare la ricerca scientifica, la coltivazione di specie di interesse medicinale, la didattica, la pianificazione dei Siti Reali borbonici e la raccolta, la moltiplicazione e la diffusione di piante esotiche. Queste ultime venivano di solito acclimatate nella “Stufa temperata” e nella “Stufa calda”, che dal 1818 affiancò la prima.
Guglielmo Gasparrini
A Michele Tenore successe Guglielmo Gasparrini. Durante la sua direzione, dal 1861 al 1866, furono risistemate alcune aree dell’Orto come l'arboreto, l'agrumeto e il "frutticeto", cadute in stato di abbandono durante gli ultimi anni della direzione del Tenore. Inoltre, fu creata una “Valletta" per la coltivazione di piante alpine e costruita una nuova serra riscaldata, in sostituzione della precedente. Egli si occupò tra l’altro anche della sistemazione del Museo botanico e dell'ordinamento dell'erbario che fu arricchito dalle collezioni del Tenore.
Giuseppe Antonio Pasquale
Alla morte di Gasparrini fu nominato direttore ad interim Giuseppe Antonio Pasquale e nel 1868 la direzione fu affidata a Vincenzo Cesati, che resse l'Orto fino al 1883, anno della sua morte. L'evento principale che caratterizzò l’Orto in tale periodo fu la costruzione di una nuova serra riscaldata. La direzione successivamente passò di nuovo a Giuseppe Antonio Pasquale, che la tenne fino al 1893. Durante questo periodo il Pasquale riuscì ad impedire la realizzazione di un progetto che prevedeva la costruzione di nuove sedi di Istituti universitari nell'area su cui si estendeva l'Orto Botanico.
Federico Delpino
Federico Delpino successe a Pasquale e rimase in carica fino al 1905. Il problema maggiore che egli si trovò ad affrontare fu la scarsissima sensibilità delle autorità universitarie nei riguardi dell'Orto; ciò portò molti problemi di tipo economico e gestionale che diedero il via ad un lento declino della struttura.
Fridiano Cavara
Numerosi mutamenti si verificarono durante il periodo in cui fu direttore Fridiano Cavara (1906-1929). Quest’ultimo arricchì le collezioni e fece realizzare un'area per le xerofite e le succulente, un laghetto e due vasche per la coltivazione di piante lacustri. Il Cavara, inoltre, fece restaurare la Serra temperata e fece iniziare la costruzione di una nuova sede per l'Istituto. Ad ogni modo, il merito maggiore del Cavara fu senza dubbio l'istituzione, avvenuta nel 1928, della "Stazione sperimentale per le piante officinali", destinata alla coltivazione delle piante medicinali e alla loro sperimentazione. Questa struttura, dotata di fondi propri, funzionava sotto il diretto controllo della direzione dell'Orto, pur non facendo parte da un punto di vista istituzionale di tale struttura.
Biagio Longo
Nel 1930 la direzione passò a Biagio Longo, che continuò l'opera
iniziata dal suo predecessore. Nel 1936 l'Istituto fu trasferito
nella nuova sede, la cui costruzione, durata 18 anni, finalmente
terminò. Precedentemente, nel 1933, era stata realizzata una sede
per gli uffici e per il laboratorio della "Stazione sperimentale per
le piante officinali". In questo periodo dell'attività dell'Orto, il
punto culminante fu raggiunto nel 1940 con la riunione straordinaria
della Società Botanica Italiana, tenuta in occasione
dell'inaugurazione della Mostra d'Oltremare. Negli anni successivi
le vicende belliche influenzarono negativamente l'attività
dell'Orto: le strutture in ferro furono divelte per essere destinate
ad uso militare; furono introdotte su larga scala coltivazioni di
legumi, patate e grano; varie volte la popolazione invase l'Orto per
trovarvi rifugio e acqua. I bombardamenti devastarono, al pari della
città, anche l'Orto, ma il vero scempio fu compiuto durante
l'occupazione delle truppe alleate. Il nuovo Istituto, così come
parte del vecchio, fu adibito a caserma; i prati furono ricoperti
con cemento o sterilizzati e utilizzati come parcheggio per gli
automezzi militari; parte dell'Orto fu trasformata in campo
sportivo.
Nel 1947, poco dopo la fine della sua direzione, Longo pubblicò una
relazione che testimoniava lo stato di totale disfacimento in cui
versava la struttura.